Jp Morgan si mette al riparo dall’ondata di fallimenti americani: la Fed accetta i junk bond come collateral
Il 7 aprile Gordon Smith, executive director di JP Morgan, si è sentito in dovere di rassicurare il presidente Donald Trump. Solo quattro giorni prima, infatti, la sua banca – primo istituto per assets del Paese – aveva dato forfait all'ultimo minuto del day one per l'inizio del PPP (Paycheck Protection Prohram), il piano governativo di supporto per le piccole e medie imprese. Ottenuto ciò che si cercava attraverso quel gesto – ovvero l'aumento del tasso di interesse su quei prestiti dallo 0,50% all'1% e la possibilità di non erogare credito a chi non avesse un rapporto pregresso con l'istituto che andasse oltre il mero conto corrente -, pareva giunta l'ora della riconciliazione. Sotto forma di cifre: JP Morgan aveva già ricevuto 375mila richieste di prestiti per un controvalore di 40 miliardi sui 350 totali previsti dallo schema varato dal Congresso, il numero più alto in assoluto fra tutti i grandi istituti statunitensi. Pace fatta, insomma. Dopo nemmeno 48 ore, però, il Financial
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